Circolarità: da sempre alla base della vita

Economia circolare
29.03.2022

Al giorno d’oggi si parla molto di circolarità. Questo termine viene spesso erroneamente accostato a realtà troppo radicali, di secondaria importanza rispetto ai principali processi produttivi. In una popolazione figlia del consumismo, dell’innovazione tecnologica, della massima produzione questa parola crea scompiglio, paura e diffidenza. E pensare che il nostro pianeta, la vita stessa, si basa esattamente sul principio della circolarità. Senza di essa non esisterebbe nulla, essere umano compreso.

La Terra, che dalla sua vanta un curriculum di circa 4,5 miliardi di anni, è riuscita a diventare la culla ideale per la proliferazione di miliardi di specie animali e vegetali esattamente grazie a processi circolari di lungo, medio e breve periodo che hanno mantenuto il sistema in equilibrio.

Le fasi cicliche di formazione e fusione delle calotte polari, il movimento delle placche terrestri dettato da continua formazione di crosta oceanica e conseguente sprofondamento di vecchia crosta nel mantello (subduzione), la mitigazione delle masse d’aria dovuta alle grandi correnti oceaniche sono tutti esempi, su larga scala, di meccanismi ciclici che il nostro pianeta utilizza per rigenerarsi ottimizzando i processi senza buttare via niente.

La storia geologica ci insegna, però, che ogni qual volta che nel susseguirsi delle ere qualche fenomeno anomalo si è intromesso in questi processi – impatti di asteroidi, grandi eruzioni vulcaniche ecc. – le conseguenze peggiori sono toccate alle specie viventi, homo sapiens compreso.

Proprio l’interruzione di queste “circolarità terrestri” è stata la causa delle più grandi estinzioni di massa.

Oggi, attraverso meccanismi diversi, l’uomo sta di nuovo fortemente compromettendo alcuni di questi equilibri le cui conseguenze hanno iniziato a farsi sentire da tempo.

Gli scienziati già nel 1873, grazie agli studi del geologo Antonio Stoppani, si accorsero di come fosse impattante l’azione umana sui processi terrestri. Si iniziò a cercare di attribuire un nuovo nome a questa era. È certo, infatti, che da circa 250 anni stanno avvenendo cambiamenti mai visti prima e questi cambiamenti, per la prima volta, sono causati da una specie vivente.

Dal 2000 la comunità scientifica attribuisce a questa nuova era il termine “Antropocene” – Crutzen e Stoermer – il cui punto di inizio è ancora fonte di discussione sulla base di peculiari caratteristiche rilevabili nei depositi geologici. Fa riflettere però che tutte queste caratteristiche siano da ricondurre a eventi come estinzione di grandi mammiferi selvatici, sfruttamento massiccio dei combustibili fossili, esperimenti nucleari ecc.

Le abitudini delle popolazioni, anche se lentamente, stanno cambiando verso un’attenzione maggiore alla salute dell’ambiente anche se probabilmente il punto di non ritorno è già stato passato a causa dell’enorme impatto dei processi produttivi dai quali oggi dipendiamo.

Cosa si può fare ora?

Una buona idea sicuramente è quella di investire nell’economia circolare, nell’ottimizzazione delle risorse, nel riutilizzo, nella lotta allo spreco prendendo spunto dalle strategie di sopravvivenza che la Terra mette in atto da miliardi di anni per rigenerarsi.

Per esempio, poter contare su un’economia circolare e sostenibile per le aziende vorrebbe dire essere più autonomi e meno schiavi di chi fornisce le materie prime.

Caratteristica non di poco conto visti i tempi che corrono dove anche le più impensabili variabili sociopolitiche possono imbattersi nel mercato dall’oggi al domani con conseguenze catastrofiche.

Instabilità come la pandemia e la guerra sono entrate nella nostra società fondata sul consumismo improvvisamente, come quei fenomeni anomali e disastrosi che hanno causato le estinzioni di massa nelle diverse ere.

La differenza è che il pianeta Terra, fondato su processi circolari, è riuscito a sopravvivere e a rigenerarsi cosa che non è detto riuscirà a fare il mondo della produzione per come lo conoscevamo, almeno a breve-medio termine.