Donne e sostenibilità

Economia circolare
08.03.2022

La parità di genere è green

Sostenibilità non significa solo attenzione al pianeta e alla transizione ecologica. È un concetto estremamente ramificato che riguarda il rapporto tra economia e società e che per questo motivo si declina anche nella più ampia sostenibilità sociale, di cui la parità di genere è uno dei pilastri.

Uno studio del 2018 della società britannica di ricerche di mercato Mintel ha rilevato che le donne sono tendenzialmente più attente degli uomini alle problematiche ambientali.  Sono più le donne che preferiscono i mezzi pubblici all’auto (il 30%, quasi dieci punti percentuali più degli uomini), che scelgono prodotti naturali e meno inquinanti (37% contro il 27%), che si ricordano di usare le borse riutilizzabili per fare la spesa (il 69% contro il 54% degli uomini), che sono disposte a pagare di più per prodotti più rispettosi dell’ambiente (il 14% contro il 12% degli uomini) e che dedicano più tempo e cura alla raccolta differenziata (78% contro il 72%). Questo fenomeno ha un nome: eco gender gap.

Ma qual è il motivo di questo divario? Ci sono varie ragioni. In primo luogole donne sono socialmente indirizzate alla cura, statisticamente sono loro a occuparsi della casa, della famiglia, degli anziani e dei bambini. Questo le porta a preoccuparsi dei problemi ambientali e ad essere disposte ad adottare comportamenti volti alla tutela del pianeta. In questa inclinazione alla sostenibilità concorrono anche altri fattori: dal rapporto Women and Climate Change: Impact and Agency in Human Rights, Security, and Economic Development del Georgetown Institute for Women, Peace and Security, emerge che le donne nel mondo sono maggiormente impattate dalla crisi climatica. La condizione di maggiore povertà che le affligge (secondo le Nazioni Unite il 70% delle persone che vivono in condizione di povertà sono donne), una minore mobilità, un debole potere economico e una scarsa scolarizzazione, dovuti tutti in larga parte all’essere implicitamente occupate nel suddetto lavoro di cura: tutto questo le rende particolarmente esposte agli effetti dei disastri ambientali. Inoltre, la crisi ambientale porta a situazioni critiche in cui le violenze sulle donne e le violazioni dei loro diritti aumentano, come è successo in pandemia – forse l’effetto più trasversale ed eclatante del collasso climatico ed ecologico, con un aumento esponenziale delle violenze domestiche. In tal senso il cambiamento climatico è una questione femminista, quindi universale, dato che, come suggerisce la scrittrice americana bell hooks, “il femminismo è per tutti”.

L’ONU l’ha riconosciuto l’essenzialità di quest’istanza includendo la parità di genere nell’Agenda 2030: l’obiettivo 5 mira a ottenere la parità di opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico, l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti di donne e ragazze e l’uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione, definendo la parità di genere “non solo un diritto umano fondamentale, ma una base necessaria per un mondo pacifico, prospero e sostenibile”. Per non parlare del suo legame con questioni più strettamente economiche: la questione della parità di genere è uno dei pilastri del Next Generation Eu e anche del PNRR italiano per il rilancio dell’economia nazionale tramite investimenti e riforme. I risultati di una ricerca Robeco, come racconta Il Sole 24 Ore, mostrano inoltre l’esistenza di un rapporto positivo con la redditività aziendale quando l’impresa ha più del 20% di donne nel CDA, più del 30,2% di donne a livello manageriale e più del 44,7% di donne nell’organico complessivo. La ricerca mette anche in luce il fatto che una maggiore partecipazione femminile è legata a una migliore stabilità degli utili, ingrediente essenziale per la sostenibilità a lungo termine.

Insomma, smantellare gli stereotipi di genere è anche una scelta green.